LA
FIGLIA FEMMINA
di
Anna Giurickovic Dato Fazi 2017
Recensione
di Liber Liber la Lettura
di
Rosy Franzò & Piero Pirosa
E’
un dramma borghese “La figlia femmina”,
di Anna Giurickovic Dato, giovane scrittrice all'esordio per Fazi
Editore. Si muove nell’alveo del romanzo psicologico, di profonda indagine
introspettiva. Le sue radici sono da
ricercare nella tragedia greca fino ad approdare al teatro sperimentale di
Brecht, Pirandello, o Ibsen. La fabula
narrativa è la rappresentazione
realistica di una vicenda umana tragica, focalizzata sui meccanismi mentali dei
personaggi, sulle loro emozioni, sui
loro stati d’animo, sui loro conflitti interiori, sull’osservazione minuziosa della vita. Il
romanzo è caratterizzato dall'opera paziente dello scandaglio interiore e dall'indagine sulle ombre della
psiche e sui guizzi dei desideri “malati”; è pregno di morbosa sensualità,
ambiguità, potenzialità sovversiva di sguardi, gesti, allusioni, che “gettano”
il lettore in uno stato confusionale, in:<< una nebbiosa atmosfera da crepuscolo dell’amore>>;
fotografa impietosamente la vita privata e familiare della classe borghese,
distruggendone miti, valori, linguaggi. E’ un libro doloroso. Una preghiera per
la violazione della purezza dell’innocenza; ha i toni
del "J'accuse" di zoliana memoria, contro le debolezze umane
del non voler vedere, al chiudere gli occhi sul male che è troppo vicino a noi,
dentro di noi, a ”portata di mano”. La
scrittrice analizza la natura umana nelle sue sfaccettature più intime, più oscure; cattura repentinamente
l’attenzione del lettore , lo inchioda dal primo capitolo, con la stessa
violenza di un padre sulla figlia. La
scrittura è “potente”, piana, quasi chirurgica. Nulla è ridondante ed
ampolloso, né disadorno né incolto, né c’è traccia alcuna di ostinata ricerca
di ornamento. La lettura si perpetua con
linearità, trasparenza, senza ricorrere a improbabili iperboli. Bastano
poche pagine, la lettura di poche righe e il lettore viene preso per mano, e con
una presa sicura, forte, viene “scaraventato” nell’orrore.
<<Una
storia disturbante che si legge tutta d’un fiato>>, è stato il commento
di Simonetta Agnello Hornby.
Maria
è una bimba :<< profuma di timo ed è bianca come il latte caldo……il suo
sguardo è enorme, sostiene tutto ed è
insostenibile , perché è innocente,……non sa cosa accade, non ha il coraggio di
chiederlo, di domandare alla sua mamma il significato di quella notte>>, figlia
di un diplomatico, Giorgio, e di una donna solare, Silvia, che ama la sua
famiglia. Vivono a Rabat dove Giorgio lavora e dove Silvia cresce Maria, tra il
mercato centrale e le belle coste marocchine.
La
storia si srotola nel futuro che presto diventa presente: Giorgio non è più
nelle vite di Silvia e Maria, che è ormai adolescente. Vivono a Roma e Silvia
ha una galleria d'arte e un nuovo compagno, Antonio. Finalmente si è decisa a
invitarlo a casa per pranzo e per conoscere la sua problematica figlia, Maria:
aggressiva, rabbiosa, dolce, bella, deliziosa nella sua prima gioventù.
Un
dramma borghese ha bisogno di una grande città, o di più grandi città, grandi
palcoscenici per poter mettere in scena
le proprie tragedie. Spesso e volentieri, ed è così anche in questo caso, necessita di un forte elemento familiare. Qui
la narrazione ruota intorno a due
personaggi femminili, intorno a due donne, Silvia e Maria, madre e figlia, che
si sfidano per contendersi gli amori prima di Giorgio marito e padre-orco e poi
di Antonio, il marito-patrigno, emblemi dell'elemento maschile.
Il
pranzo risveglierà antichi drammi. Maria è davvero innocente, è veramente la
vittima del rapporto con suo padre? Allora perché prova a sedurre per tutto il
pomeriggio Antonio sotto gli occhi annichiliti della madre? E la stessa Silvia
era davvero ignara di quello che Giorgio imponeva a sua figlia? Al contrario di
una letteratura troppo stereotipata sui ruoli di vittima e carnefice, i
personaggi della G. Dato camminano nell’ombra dell’ambiguità: la vittima
diventa un’adolescente carnefice, la madre una complice, e andando avanti e
indietro nel tempo, la vicenda si colora di sfumature, dettagli, oscurità,
inquietudini. La Maria di questo romanzo ci riporta alla Dolores Lolita Haze di
Nabokov. Infatti, Maria è l’avversaria imbattibile per una donna matura, per
una madre come Silvia. E’ più giovane, più bella e più intrigante, perché
ancora "senza peccato" e quindi, ancora più stuzzicante per un uomo,
per un maschio, nell'accezione più animalesca del termine. Il romanzo porta a
riflettere sul nucleo familiare , dove paradossalmente non sempre si è al
sicuro. Come romanzi borghesi, di cui un esempio sono “Gli indifferenti” di
Alberto Moravia:<< l’orrore, la minaccia incombente, il nemico più
prossimo non è quello in divisa da soldato che spunta dal fango delle trincee
ma quello in giacca e cravatta che siede a tavola di fianco a noi>>.
Solo
quando Giorgio sparirà dalla scena Silvia capirà la orribile verità per bocca
della sua stessa figlia che le confesserà ogni cosa anche quella più difficile
da credere.
<<Le
figlie femmine... in molti paesi se sono brutte è un vero problema.>>
Un
argomento pesante, difficile da leggere ma raccontato con uno stile leggero,
ammaliante e irresistibile.<< La figlia femmina è quindi un testo
difficile da leggere, non tanto per il linguaggio, piano eppure senza scampo,
ma perché c'è tutto il nero delle nostre vite, lo sporco che vorremmo
nascondere, il non detto che vorremmo tacere sino alla tomba>>.
In
un clima tormentato e morboso, il passato si scioglie in una speranza:<<
perché l’amore è capace di ricucire ogni cosa e….. il dolore insegna che sei
viva>>, per uscire dalla gabbia della sofferenza, della rabbia, per ricominciare.