MAGARI DOMANI RESTO
di Lorenzo Marone Feltrinelli 2017
Recensione di Liber Liber la lettura
di Rosy Franzò & Piero Pirosa
Cerca
Luce, cerca il suo cielo, la sua” luce”. L’ha smarrita, persa fra i vicoli
tortuosi , drammaticamente visionari dei Quartieri Spagnoli, eternamente sospesi
fra realtà e finzione; eternamente sballottati in una dialettica fra bene e male,
dramma e commedia, comicità e ironia, sorriso e pianto. Cerca la sua strada Luce, cerca la “sua”
famiglia…eppure come moderno Amleto è titubante: restare e resistere o spiccare il volo?
Tagliare le nervose radici per planare in
un altro azzurro, in un ipotetico altrove……?Abbandonare il terreno per
un biglietto di solo andata o tirare dritto lungo quelle stradine, con la certezza che i fantasmi non scompariranno, ma si materializzeranno
come serpi pronte al morso, da quel viluppo di ricordi, lasciando incolmabili
sensi di vuoto. E’ essenzialmente intorno a questa inquietudine che si schiude
e trascina l’esistenza di Luce, anzi di Luce
Di Notte:<< Lo
so, non è un nome, è ‘na figura e merd!>>. Stella Di Notte sarebbe stata
:<<una cosa normale>> e Luce normale non è: Luce è speciale, è na'
femmena. Dopo Cesare Annunziata e Erri Gargiulo, è una donna che per la prima volta bussa alla porta di
Lorenzo Marone dicendogli :<< Cosà
amma farè, teng na' storià ……>>, e l’effetto non è niente male, tanto che
non si percepisce che dietro ci sia una penna maschile, come se questa “amazzone
guerriera”, Marone l’avesse dentro da sempre, come crisalide chiusa nel suo
angusto bozzolo, pronta alla metamorfosi, a librarsi nell’aria come splendida
farfalla. Al
primo approccio, il lettore si trova dinanzi un’architettura umanamente
composita , un labirinto di personaggi in antitesi con la linearità della
trama. Una prima lettura, richiede un’analisi strutturalista e/o formalista,
per capire come in una forma elegante, mai aulica, ma con toni di matura raffinatezza
estetica, Marone fa sì, che il valore funzionale del singolo personaggio sia
determinato dall’interagire, intersecarsi, scontrarsi con gli altri. Lo scrittore, con
galateo letterario e una certa teatralità dell'antica arte della commedia
napoletana, degna di Eduardo, descrive una commedia dalla morale amara,
colorata con sentimenti di speranza, di
fiducia, che invita a lasciarsi andare alla deriva nel mare impervio della casualità, dell’inaspettato, dell’imprevisto.
Si muove nell’alveo del romanzo psicologico, di profonda indagine
introspettiva, anche se la fabula narrativa non è affatto debole, mai banale,
focalizzata sui meccanismi mentali dei personaggi, sulle loro emozioni e contraddizioni, sui loro
stati d’animo, sui loro conflitti interiori. Viene privilegiata l’analisi dei
sentimenti, i dialoghi e le scene che permettono alle varie personalità di rivelarsi. Al centro del romanzo Luce, “una piccola grande femmina del sud”; vive
a Napoli, da sola, in un monolocale in affitto nei Quartieri Spagnoli, è un avvocato, o
almeno dovrebbe esserlo. I titoli li ha. Centodieci in giurisprudenza e la voglia di diventare un “ bulldog” del foro, peccato
che lei in aula ci vada poco o niente. Il suo compito è portare adempimenti da
una cancelleria all’altra: un’ eterna praticante, presso lo studio legale “ Geronimo
& Partners”, così almeno vuole il suo capo, Arminio Geronimo, che a dispetto dei nomi che porta, rispetto
agli originali non è né idealista né valoroso, ma smidollato, tirchio e un ridicolo cascamorto. Capelli corti alla
maschiaccio, jeans e anfibi, Luce è una giovane onesta e combattiva, abituata a
“prendere a schiaffi la vita”. Alle spalle, l’infanzia segnata dal trauma dell’abbandono
, dalla ferita dell’assenza del padre, spiantato e pericolosamente libero,
capace di lasciare la famiglia al suo destino e incontrare la morte in Sudamerica. Una mancanza affettiva che Luce percepisce nel profondo della sua anima, e
che ne determina scelte, umori, reazioni
e fragilità, ulteriormente amplificate
dal rapporto inesistente con una madre bigotta, moralista, e bacchettona:<< Mia madre si è
premunita di insegnarmi il Padre Nostro, l'Ave Maria, il Credo e l'Eterno
Riposo, ma non mi ha insegnato come ricambiare un gesto di affetto,….. in che modo aiutare chi
ti tende la mano>>, da un fratello “fuggito” al Nord, e da un amore per un bastardo Peter Pan:<<
Il risultato finale è una specie di femmina di bassotto incazzata che proprio
non riesce ad accettare che qualcuno le pesti i piedi e che il più forte vinca
sempre sul più debole>>, che ogni giorno affronta la vita con "la
cazzimma". E Luce di cazzimma ne ha, eccome. E’
un fortino, una corazza metallica impermeabile ai sentimenti, una maschera
pirandelliana intrisa di un dolore illacrimato, uno spazio vuoto rivestito di
una patina di ironia, un treno arrivato
al capolinea, in perenne attesa di una scintilla per ripartire, per brillare
più di prima.
Naturale,
per lei, la tentazione di mollare gli ormeggi:<< A
volte viene voglia anche a me di imbarcarmi e non tornare più, … semmai salire
su al nord, a fare una vita che già so non sarebbe la mia, ma che però, forse,
mi permetterebbe di costruire qualcosa, qualunque cosa. Perché qui a volte mi
sembra di essere un pesce rosso in una boccia, giro in tondo e un po’ alla
volta inquino la stessa acqua che respiro>>. Lars Gustafsson asserisce
che:<< Vivere una vita normale è la forma più triste di suicidio>>,
eppure la vita di Luce, che è un inno
alla quotidianità, alle consuetudine, alle abitudini, implicitamente dimostra
che la felicità è nell’infinitamente piccolo, nella straordinarietà dell’ordinario
per chi impara a scorgere :<<Ciò che di bello la vita dona ogni giorno>>.
E’, dice Marone :<< un
elogio di quelle piccole grandi cose quotidiane che ci aiutano a stare meglio,
che ci fanno tendere verso la felicità;
le piccole cose che noi, spesso, nemmeno notiamo, presi da tutt’altro>>,
e poi :<<Essere abitudinari non è poi così da sfigati. I bambini sono
abitudinari. E i cani. Il meglio che c’è in giro>>. Tutto d’un colpo cambia! Entrano nella vita di
Luce , senza chiedere permesso, un ragazzetto, Kevin, figlio di un boss e sua
madre Carmen per una causa di affido; un bastardino che chiamerà Allerìa, il
suono della leggerezza, il suo Cane Superiore, il suo unico vero confidente; Primavera , una
rondine ferita che curiosamente non
vuole lasciare la gabbia, e Don Vittorio, l’anziano vicino , un musicista
filosofo in sedia a rotelle. E’ il plot twist che cambia la storia, la
“sua” storia, che sovverte la
rassegnazione, che imprime energia cinetica ad un mondo d’ancestrale staticità,
...fa sobbalzare il lettore, …...lo coglie di sorpresa; l’ avvocatessa, ispida
e tenera, che sta sempre sulla difensiva, trova la “sua famiglia”, magari un
po’ sghemba, ma magico luogo di attenzioni,
suoni, odori; luogo del cuore impregnato di una forza vitale capace di
accordare le persone più diverse, più lontane, più sole, mentre nell’aria si
ode il sordido rumore di fondo della camorra, che “ammorba” i Quartieri, dove
l’omertà di molti convive con la resistenza di altri. La narrazione scorre al
ritmo dell’allegretto, in un alternarsi
di punto e contrappunto, fra il canto rivoluzionario di Luce, delle sue
battaglie, della sua sete di giustizia sociale, del suo stare in tutto e per tutto
dalla parte dei più deboli, della sua brama d’amore, di riconciliazione …e il
mormorio dei Quartieri Spagnoli, di una Napoli, imperfetta e popolare, non più
sfondo, non più semplice tavolozza o effimero contorno, ma protagonista assurta
a persona; ne senti il respiro proveniente dai bassi piuttosto che dai palazzi
nobiliari, senza barriere, dove tutto si mescola, i contorni si sfumano per
divenire meravigliosamente indistinguibili: molte città in una. Tutto profuma
di Napoli, dalla salsedine alle crocchè fritte la domenica mattina, alla
prepotente forza della sua lingua, che impregna il romanzo dei suoi: freva,
persechella, schizzechea, scuornu, Viento ’e mare. E allora, andare
o restare ? Fin dall’esergo si capisce dove sta l’autore:<<A quelli che
resistono. E tirano avanti>>, anche perché : “Bisogna
cambiare d’animo, non di cielo”.
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